le mete delle maternita'
Addio Spagna, ora si punta a Est
I viaggi delle coppie nelle cliniche low cost
Crescono le presenze italiane nelle strutture ptrivate di Repubblica Ceca, Grecia e Ucraina
MILANO — Il telefono squilla. «La sua donatrice è pronta» dice una voce. E per Patrizia (nome di fantasia) è un tuffo al cuore. Dopo sei tentativi falliti in Italia, una gravidanza extrauterina finita con l'asportazione di una tuba, a 43 anni la vita può ricominciare volando a Brno, nella Repubblica Ceca, per tentare di avere un figlio con gli ovociti donati da un'altra donna.
Una tecnica che, a chi non è più giovanissima, dà possibilità di successo molto alte: circa il 60%. Tra mille dubbi e paure. «All'inizio, quando me l'hanno proposto — racconta lei —, ho pensato che era orribile, che non l'avrei mai fatto. Invece poi ero molto convinta ». La scelta del centro cade su un Paese low cost perché il reddito della famiglia è quello che è. Impiegata lei, operaio lui, guadagnano 2.200 euro al mese. Troppo poco per andare nella costosa Spagna dove, tra una cosa e l'altra, si spendono come minimo diecimila euro. A Brno, invece, ne bastano tremila. La metà della somma si paga al primo appuntamento, il resto a transfer avvenuto. Peccato che a Patrizia la prima donatrice salti all'ultimo momento. «Mi hanno detto che era andata in iperstimolo — dice —. Ci hanno voluto riprovare il mese dopo ma non ha prodotto nulla. Uno stress inaudito». Al terzo tentativo la donatrice si dimentica di prendere le medicine. Patrizia perde la pazienza. Rivuole indietro i suoi soldi. «Era successa la stessa cosa ad altre tre coppie. Ero furibonda. Soprattutto con lo Stato italiano che ci lascia soli a scegliere cliniche estere di cui non conosciamo l'affidabilità. È così che tutela la nostra salute? Devo dire grazie solo all'associazione di pazienti Sos Infertilità Onlus». Alla fine il transfer si fa. «Mi hanno mostrato due blastocisti (embrioni al quinto giorno, ndr) ma la biologa le ha portate nella stanza mentre io le vedevo ancora lì sul monitor. La cosa mi è parsa molto strana. Ovviamente non sono incinta».
Tante storie di successi e fallimenti. Ogni anno migliaia di coppie varcano la frontiera per sottoporsi a trattamenti di fecondazione assistita. Nel 2007 sono già state almeno seimila. Chi usa i propri gameti va soprattutto in Austria, in Svizzera o in Belgio. Per l'ovodonazione dipende dal budget. La Gran Bretagna è cara da sempre (e i donatori non sono più anonimi), la Spagna comincia ad esserlo. Sono sempre di più quelli che vengono tentati dai Paesi del-l'Est o dalla Grecia. Anche perché, dopo i primi tentativi in Italia, c'è chi insegue il suo sogno indebitandosi, consumando il Tfr e rinunciando per anni alle vacanze.
Un grosso problema, per quasi tutti, è la lingua. Per questo i centri più affollati sono quelli dove il medico è un connazionale. Al Sanatorium Helios di Brno alle email risponde Martina. All'Ivi di Barcellona tutti vanno pazzi per la dottoressa Cristina Pozzobon. A Bruxelles il dottor Peter Platteau, soprannominato dalle sue pazienti «il mago Platt», ha una moglie, anche lei medico, e una segretaria italianissime. «Spero che poi non mi facciano santo — dice al Corriere ridendo sul suo nomignolo —. Scherzi a parte, nessun miracolo. Il 70% della mia clientela è italiano, voglio che si senta a casa. È gente spaesata, impaurita. Andare all'estero per loro è un grosso passo». Tale è il suo successo che per avere un primo appuntamento la lista d'attesa è di tre mesi. «È chiaro che i pazienti sono disorientati — spiega al Corriere il dottor Francesco Fiorentino, direttore del centro diagnosi preimpianto del Memorial Hospital di Istanbul —. Io consiglio di scegliere un centro che abbia una credibilità scientifica internazionale e percentuali alte di successo. Qui a Istanbul si viene soprattutto per la diagnosi preimpianto. La Grecia ha un buon rapporto qualità/prezzo. Bruxelles è ottima. La Spagna, invece, è intollerabile: ha speculato sulla nostra disgrazia, raddoppiando i prezzi dal 2004». E i Paesi dell'Est? «Non mi fido — spiega Fiorentino che è anche direttore di Genoma, un rinomato laboratorio di analisi del Dna —. Ho sentito parlare di centri in Romania e nella Repubblica Ceca o a Kiev, ma il rischio è di buttare via i soldi, oltre allo stress psicologico».
Non è assolutamente d'accordo il professor Herbert Zech, direttore scientifico dei centri Eubios, sparsi in mezza Europa in modo da poter offrire ai pazienti qualsiasi tipo di trattamento a dispetto delle legislazioni restrittive di alcuni Paesi. «La Repubblica Ceca — dice indignato parlando italiano con un forte accento austriaco —, dove facciamo le ovodonazioni, è moderna quanto l'Italia. Basta con questi pregiudizi. Sono persone colte, preparate, organizzate. Voi, invece, avete una legge che è stata dettata dalla Chiesa. I nostri pazienti vengono nel centro di Merano oppure telefonano e poi noi li smistiamo a seconda delle loro esigenze ». Anche madri single e coppie gay? «Per loro abbiamo appena trovato una soluzione splendida — spiega soddisfatto —, una clinica in Belgio dove la pratica non è vietata». La domanda è in crescita esponenziale. «Quest'anno abbiamo avuto quasi 900 coppie — dice Zech —. Il prossimo, sono pronto a scommettere, saranno 1.500». Anche al Centro Procrea, in Svizzera, il flusso degli italiani sembra inarrestabile. Più difficile è stabilire quanti siano ad andare nei Paesi dell'Est perché le cliniche ucraine e ceche sono abbottonate sui dati.
Da Atene alza la voce il dottor Kostas Pantos, del Genesis Hospital: «Mi indigno perché a pagare sono le pazienti. Siamo in Europa. Le frontiere non esistono quasi più. È stupido che un solo Paese si dia regole del genere ». Di sicuro la legge 40 non ha affatto attenuato il desiderio delle coppie infertili. Nessuno lo dice a voce alta ma l'Italia è sempre più piena di figli dell'eterologa. «Noi gettiamo il cuore oltre l'ostacolo — spiega Arianna, madre di una bimba avuta grazie all'ovodonazione —, il nostro è un gesto d'amore. Dovete accettarci ». Il medico di Atene «In Europa le frontiere non esistono più, è stupido che un solo Paese si dia regole diverse Così pagano solo le donne»