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      una cellula per decidere il futuro?
 
 Basta una cellula per 
      decidere il futuro?
  di Claudia Dalmastri
 
 
  A quasi quattro anni dalla sua entrata in vigore, la legge 40 
      non smette di scatenare discussioni: dopo Cagliari, Firenze. A favore 
      della diagnosi preimpianto nella fecondazione assistita si sono infatti 
      pronunciati sia il tribunale di Cagliari, a settembre, per una coppia di 
      Quartu Sant'Elena portatrice di talassemia, sia il tribunale di Firenze, 
      in questi giorni, per una coppia milanese con la donna portatrice di 
      esostosi. Ma insomma, questa legge davvero rappresenta un limite 
      all’applicazione dei progressi scientifici nel campo della procreazione 
      assistita? Al di là delle polemiche, cosa si può oggi fare concretamente 
      per prevenire le malattie ereditarie? Queste hanno una base genetica e 
      possono essere dovute all’alterazione di un intero cromosoma o di parti di 
      esso o solo di un gene: basta una breve sequenza genetica errata per 
      produrre una proteina non funzionante, con effetti spesso catastrofici 
      sull’organismo. Le alterazioni genetiche (mutazioni) sono, dal punto di 
      vista della trasmissione alla progenie, di due tipi: dominanti e 
      recessive. Ogni gene infatti può esistere in diverse forme dette alleli, e 
      in ogni individuo ne sono sempre presenti due: un allele di origine 
      paterna e l’altro di origine materna. Un allele è dominante quando il suo 
      effetto maschera completamente quello dell’altro, mentre è recessivo 
      quando, per produrre effetti visibili, deve essere presente in duplice 
      copia, ossia trasmesso da entrambi i genitori. Così, la talassemia, in cui 
      è alterata l'emoglobina (la proteina complessa che lega l'ossigeno e, 
      attraverso gli eritrociti, lo trasporta in tutto l’organismo), è una 
      malattia ereditaria recessiva; inoltre, ne esistono diverse forme, dovute 
      a differenti alterazioni dei geni, situati sui cromosomi 16 e 11, che 
      codificano per le diverse parti dell’emoglobina. L'esostosi multipla 
      ereditaria, che colpisce l'apparato osteo-articolare manifestandosi con la 
      crescita abnorme di protuberanze ossee (esostosi), è invece una rara 
      malattia ereditaria dominante, dovuta ad alterazioni dei geni EXT1 ed EXT2 
      localizzati rispettivamente sui cromosomi 8 e 11 e, se un genitore ne è 
      affetto, al 50% lo sarà anche il figlio.
 Come numerose altre malattie 
      ereditarie, queste un tempo erano una condanna senza via di scampo, mentre 
      oggi non solo esistono cure che, in misura variabile, ne mitigano i 
      sintomi migliorando la qualità della vita di chi ne è affetto ma, spesso, 
      si possono evitare. Nei casi di familiarità di una malattia ereditaria, i 
      potenziali portatori di un difetto genetico possono effettuare analisi 
      specifiche per stabilirne la presenza e l’entità del rischio di 
      trasmetterlo ad eventuali figli: un passo avanti enorme ma, una volta 
      accertata questa possibilità, che fare? Rischiare comunque ma 
      consapevolmente, rinunciare ai figli, al limite cambiare partner se è il 
      solo portatore? I progressi tecnici danno ora un’altra possibilità: 
      mettere al mondo un figlio sano, attraverso la Diagnosi Genetica 
      Preimpianto (PGD).
 
 
  La tecnica prevede la fecondazione in provetta degli ovociti 
      con gli spermatozoi paterni. Dall’embrione ai primi stadi di sviluppo, al 
      terzo giorno, quando è formato da sole 8 cellule, se ne prelevano una o 
      due (il che, importantissimo, non pregiudica il futuro sviluppo) per 
      analizzarne il DNA in relazione alla malattia genetica da diagnosticare. 
      Fino ai risultati delle analisi, gli embrioni restano in congelatore e 
      solo quelli che risultano sani vengono, alla fine, trasferiti nell’utero. 
      Applicata per la prima volta nel 1992 ad un caso di fibrosi cistica, la 
      PGD è oggi teoricamente applicabile a più di 120 malattie genetiche tra 
      cui beta-talassemia, anemia falciforme, emofilia A e B, e distrofia 
      muscolare, per le quali esistono protocolli diagnostici basati su tecniche 
      di analisi molecolare. La legge 40 tuttavia prevede la fecondazione 
      artificiale solo per le coppie sterili, non per quelle portatrici di 
      malattie genetiche. Ma la stessa legge presenta non poche contraddizioni, 
      e in parte è grazie ad esse che i giudici di Cagliari e Firenze sono 
      riusciti a spuntarla. Infatti, come ha detto al Corriere della Sera il 
      magistrato di Firenze Isabella Mariani, la legge “non pone il divieto 
      della diagnosi preimpianto”, anche se la ricerca sull’embrione è prevista 
      solo a fini diagnostici e terapeutici. Solo che, purtroppo, alla diagnosi 
      di una malattia genetica è difficile che segua una terapia, piuttosto un 
      aborto terapeutico al quarto mese di gravidanza. Altra contraddizione, è 
      vietato creare più di tre embrioni, i quali devono peraltro essere tutti 
      impiantati, il che stride assai con il principio della minore invasività 
      (articolo 4), visto il bombardamento di ormoni (non certo privo di effetti 
      collaterali, a quelle dosi sono anche cancerogeni) a cui devono sottoporsi 
      le donne per produrre questi benedetti ovuli. Tanto varrebbe fecondarli 
      tutti e congelarli: no, è vietato.
 E’ così che, salvo casi 
      eccezionali, le coppie sterili che possono permetterselo economicamente si 
      danno a quello che viene tristemente chiamato “turismo riproduttivo”, 
      mentre un pioniere della PGD in Italia come il biologo molecolare 
      Francesco Fiorentino, direttore del laboratorio Genoma, ha aperto 
      succursali in Inghilterra e Turchia, dove le leggi in materia sono meno 
      restrittive.
 Insomma, sembra proprio che la scienza corra senza tregua 
      e la legge fatichi a starle al passo. E certo è difficile trovare le 
      soluzioni giuste quando sono in discussione principi etici e religiosi. La 
      fecondazione assistita è comunque una realtà, ormai accettata a diversi 
      livelli, mentre i particolari tecnici cambiano in continuazione perché 
      ogni giorno si aggiunge un dettaglio al bagaglio delle conoscenze 
      sull’argomento. Allora, come in tutto ciò che ha a che fare con la salute, 
      chi, più del medico (naturalmente che sia esperto e aggiornato) può 
      giudicare come è meglio trattare, curare o prevenire una 
      patologia?
 
 
 Scritto il 31.12.07 alle 00:21
 
 
 
 
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