| Pubblicata in data 26/01/2008 
 "Da oggi diagnosi pre-impianto 
      per me la legge 40 è finita"
 La sfida di Antinori. Pressing delle 
      associazioni sulla Turco
 
 ROMA - Ha perso due figli colpiti dalla 
      fibrosi cistica, uccisi dalla malattia genetica in pochi anni, ma non ha 
      rinunciato al sogno di un bambino sano, di un bambino che possa vivere. 
      Sarà lei, una signora di Latina, la prima paziente sulla quale il 
      professor Severino Antinori farà la diagnosi pre impianto dell'embrione 
      dopo la sentenza del Tar Lazio che ha riaperto speranze e polemiche. «Da 
      oggi io comincio a lavora-re. Me lo consente quel verdetto che ha accolto 
      il mio ricorso annullando le linee guida della legge 40. Non ho dubbi, la 
      signora la ricevo stamani. Certo, tra stimolazione ovarica e fecondazione 
      ci vorranno un paio di mesi prima della diagnosi ma almeno fini-ranno i 
      viaggi della speranza al-l'estero, centinaia di persone costrette ad 
      andare altrove per ave-re un figlio». Solo lui, racconta, ne manda più di 
      duecento all'anno in un centro associato in Turchia per la diagnosi prima 
      dell'impianto. Antinori parla con foga e irruenza che spiazzano i suoi 
      stessi avvocati, pronto a diffidare ministri e regioni accusandoli di 
      mancato controllo della qualità dei centri di assistenza alla riproduzione 
      e perché molti esami non sono gratuiti. Non ha dubbi né remore uno dei 
      pionieri della fecondazione. Più cauti altri suoi colleghi che a Torino, 
      Bologna o Roma si occupano da anni di riproduzione assistita e hanno 
      deciso di aspettare le decisioni della consulta in materia di 
      costituzionalità prima di agire. Sono giorni confusi, ma una linea è 
      comune. Da politici, medici, associazioni di aspiranti genitori viene la 
      richiesta ufficiale al ministro Livia Turco di pubblicare al più presto le 
      nuove linee guida della legge. «Per fare chiarezza, perché la 40 è una 
      norma che fa ancora troppo male alle donne e al nascituro, perché dalla 
      possibilità di fecondazione sono escluse persone considerate erroneamente 
      fertili. Ma come si fa a considerare fertile chi per malattie virali 
      farebbe nascere un bimbo condannato a morire in poco tempo?», dice Monica 
      Soldano di "Madre Provetta" che ha scritto con altre associazioni una 
      lunga lettera al ministro. E se le associazioni chiedono chiarezza, la 
      vogliono soprattutto i centri per la procreazione assistita. «La 
      situazione è ancora troppo precaria trattandosi di una sentenza del Tar» 
      dice il professor Di Gregorio del centro Artes di Torino che ha deciso di 
      aspettare anche perché, avendo fermato la ricerca per lungo tempo, ci 
      vorrebbero grandi investimenti. In attesa anche l'European Hospital di 
      Roma dove il professor Greco ha chiesto lumi agli avvocati prima di 
      muoversi preferendo attendere le decisioni sul numero degli embrioni e in 
      materia di costituzionalità della legge. Chi continua a lavorare, ma solo 
      con i prelievi dall'estero o per analisi del dna, è il Centro Genoma di 
      Roma, all'avanguardia: «Abbiamo scoperto che per alcune malattie 
      genetiche, come l'atrofia muscolare spinale, basta esaminare l'ovocita, e 
      non l'embrione, e questo lo facciamo sempre più spesso», dice il professor 
      Francesco Fiorentino.
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