È una bambina di Rieti il primo bebè al mondo nato sano grazie alla diagnosi genetica fatta prima del concepimento su una struttura transitoria dell’ovocita che contiene la copia speculare del Dna della madre. Grazie alla nuova scoperta le è stata evitata la malattia di Charcot-Marie-Tooth che distrugge progressivamente i tessuti muscolari.
L’annuncio lo hanno dato Massimo Moscarini, Francesco Fiorentino e Donatella Caserta al primo congresso della Federazione italiana di ostetricia e ginecologia (Fiog) in corso a Roma: grazie al loro nuovo metodo l`ovocita materno viene studiato, prima che sia fecondato dallo spermatozoo del partner. In questo modo può avere un figlio sano senza violare la legge italiana anche la donna portatrice di malattie genetiche come talassemia, fibrosi cistica e distrofia muscolare o cromosomiche come la sindrome di down.
La metodica - pubblicata sul Prenatal Diagnosis - è il risultato della collaborazione tra l`Università La Sapienza e il Laboratorio Genoma di Roma. «La via italiana sulla procreazione medicalmente assistita - dice Massimo Moscarini - coniuga scienza ed etica, risolve il problema delle coppie sterili portatrici di malattie genetiche. E supera anche il problema biogiuridico posto dalla legge 40».
La diagnosi genetica pre-concepimento mira infatti a selezionare non gli embrioni ma gli ovociti in cui sia assente l`anomalia genetica materna in modo da produrre embrioni sani. Ciò è realizzato con l`analisi genetica dell`ovocita: si fa la biopsia del primo globulo polare (1PB), prima della sua fertilizzazione e quindi prima che si sia formato l`embrione. In Italia la legge 40 impedisce la selezione a fini eugenetici e cioè non consente di selezionare gli embrioni affetti da malattie genetiche: perciò molte coppie vanno all`estero in centri dove la diagnosi e la selezione sull`embrione è consentita.
Per il ginecologo che ha eseguito la fecondazione assistita da cui è nata la bambina, il direttore del centro di procreazione assistita dello European Hospital Ermanno Greco questo è il «primo caso intelligente di recupero di spazzatura biologica». L’analisi genetica è stata infatti condotta sul primo globulo polare, la struttura che si forma nell’ovocita durante l’ovulazione: è vero che racchiude una copia del Dna della donna ma viene espulso nel processo di maturazione. La sua analisi genetica permette quindi di cercare le mutazioni legate alla malattia ereditaria di cui è portatrice la donna. Se invece il portatore della malattia è l’uomo, spiega Fiorentino, la garanzia di avere un ovocita sano fa in modo che la mutazione eventualmente trasmessa dal padre sia recessiva: il bambino nascerebbe portatore sano della malattia e non malato.
Altri due bimbi nasceranno fra circa sei mesi. I costi per ora sono elevati, circa 5.000 euro, ma i ricercatori sperano che, una volta uscita dalla fase sperimentale, la tecnica possa essere utilizzata nelle strutture pubbliche, con la riduzione dei costi per le coppie.
Carlo Flamigni, professore di ginecologia all’università di Bologna, boccia la diagnosi pre-concepimento come «poco affidabile e nemmeno originale, a Chicago è in uso da tantissimi anni. Parlare poi di successo davanti a un unico caso, è ridicolo». Per Flamigni, uno dei più noti addetti ai lavori in Italia, «è una tecnica parziale e con una margine di errore molto elevato. A Chicago hanno riconosciuto che i test sul primo globulo polare sono incompleti».
Fonte: il secolo xix