L'UNITA' 07.09.2004
I miracoli e le conversioni
di Carlo Flamigni
Ho letto con interesse e con grande piacere le dichiarazioni
di monsignor Sgreccia e del ministro Sirchia su quella bella impresa scientifica
portata a termine dai medici di Pavia e di Milano e che ha consentito di
utilizzare cellule staminali derivate dal cordone ombelicale di due gemelli per
curare un loro fratello malato.
Non mi capita spesso di essere d'accordo con le loro dichiarazioni: qualche
volta però non è così, anzi, debbo confessare che il mio animo si è riempito
finalmente di una nuova fiducia.
L'entusiasmo con il quale è stato accolta questa interessante innovazione
terapeutica e, insieme, la sollecitudine nell'inviare un messaggio di speranza
ai malati di talassemia, così numerosi nel nostro paese, mi fa capire che c'è
stato un importante cambiamento di rotta su uno dei problemi che per varie
ragioni, anche professionali, mi interessano di più: quello della procreazione
assistita.
Vediamo insieme cosa è stato necessario fare, perché i medici potessero
intraprendere la cura che sembra essere stata già coronata da uno straordinario
successo (dico sembra, perché sono culturalmente incapace di capire come questo
successo possa essere accertato dopo così breve volgere di tempo: ma mi adatterò
rapidamente).
Dunque, la mamma del bambino malato è andata in un paese straniero, dove è
stata sottoposta a fecondazione assistita. Non ne aveva bisogno, penso che sia
una donna fertile. Ma il procedimento era necessario e vediamo perché.
Dalle ovaia della signora sono stati prelevati alcuni ovociti che sono stati
fertilizzati con il seme del marito. Una volta che si sono formati gli embrioni,
da ciascuno di essi è stata tolta una cellula che è stata sottoposta a
indagini genetiche. Gli embrioni risultati sani e compatibili con il fratellino
malato sono stati trasferiti nel grembo della madre. Del destino degli altri non
so niente, ma è ovvio che la loro avventura è molto probabilmente terminata.
Due di questi embrioni “giusti” si sono impiantati, e sono nati due gemelli,
dal cui cordone ombelicale sono state prelevate le cellule staminali che hanno -
tutti ce lo auguriamo - salvato il fratellino dalla sofferenza di una brutta
malattia.
Dunque la tecnica ha richiesto: una fertilizzazione in vitro, un'analisi
genetica pre-impiantatoria; una selezione tra gli embrioni prodotti che,
confessiamolo, è in fondo un procedimento di selezione eugenetica.
Di queste due cose, solo la prima è consentita in Italia; tutte, invece, sono
considerate moralmente illecite dalla chiesa cattolica.
Siccome la promessa di guarigione fatta ai malati di talassemia è evidente in
tutte le dichiarazioni che ho potuto leggere, ne devo dedurre che questa tecnica
(indispensabile: senza di essa non si ottengono le cellule staminali necessarie
e utili per questi specifici scopi) verrà applicata in larga scala. Perché,
una cosa almeno deve essere chiara: che senza la selezione di cellule staminali
compatibili, la terapia non è possibile. Allora, delle due, l'una: o alla
faccia delle norme vigenti e approfittando del fatto che tutti i malati di
talassemia sono ricchi sfondati, li mandiamo all'estero per le stessa procedura;
o il ministro Sirchia e monsignor Sgreccia verranno molto presto a firmare per
il referendum abrogativo della legge 40/2004 a uno dei nostri tavoli,
possibilmente alla festa dell'Unità. Perché solo dopo che la legge sarà
cancellata, potremo serenamente applicare tutte le tecniche di biologia e
genetica necessarie a rendere possibile la cura a tutti i nostri malati. E
ammetto che fa parte della mia contentezza anche aver potuto registrare la
conversione di due così eminenti rappresentanti del mondo cattolico (su temi di
bioetica così delicati) a posizioni considerate (a torto) squisitamente laiche
e profondamente immorali.
Mi permetto di segnalare un secondo piccolo problema. Il ministro Sirchia ha
dichiarato - e a ragione - che questo è un successo concreto e che le speranze
sulle cellule staminali di origine embrionale, sempre speranze restano. In realtà,
nel nostro paese le ricerche sull'embrione sono vietate, e faccio fatica a
capire come in queste condizioni le speranze si possano trasformare in qualcosa
di diverso. Anche il “via libera” del Parlamento Europeo alla ricerca sulle
cellule staminali embrionali è stato vanificato dalla Commissione dei ministri
Europei che non ha trovato un accordo. I nostri ricercatori possono accedere ai
fondi di ricerca, eseguire indagini sulle linee cellulari già pronte (in gran
parte, purtroppo, inaffidabili), ma non produrre direttamente cellule staminali
dagli embrioni, limitazione di non poco rilievo.
Ricordo - ricordo bene, perché ho fatto parte della Commissione Dulbecco sulle
cellule staminali - che il ministro Veronesi aveva promesso “trasparenza”
sull'assegnazione dei fondi. So che il ministro Sirchia ha nominato una
commissione su questo tema (nessuno della Commissione Dulbecco ne fa parte;
l'unico bioeticista, guarda un po', è un sacerdote, padre Colombo). Ricordo che
Demetrio Neri, in un articolo su Bioetica (4/2003) lamentava l'assenza di
informazioni e invitava il ministro a fare chiarezza in proposito.
Ebbene, sono andato sul sito dell'ISS per verificare che chiarezza fosse stata
fatta. Il mio dispettoso computer si è rifiutato di andare oltre alla prima
pagina (dovrebbero essere 15 pagine in tutto, ma nella ricerca delle successive
mi compare sempre la scritta “there was a problem reading this document”:
che il mio computer sia più intelligente di quanto pensavo?) Ho così
controllato le prime otto ricerche soltanto, ma non sono riuscito a capire chi
siano e dove lavorino i fortunati assegnatari dei fondi di ricerca. Forse è
meglio che la trasparenza venga aumentata almeno un po'.
In ogni caso, è certo che non ci sono fondi per le ricerche su embrioni umani,
ma solo su embrioni animali, cosa che renderà certamente felici i proprietari
di gatti ammalati, ma che - per favore - non mi potete propinare come un
possibile progresso nella medicina umana.
E così restiamo alle teorie: che nessuno però può contestare. Le cellule
embrionali sono totipotenti, le più totipotenti tra tutte le cellule e non
hanno limiti di trasformazione.
Qualcuno mi può dare un motivo - a parte quello religioso - per non
utilizzarle?
Università di Bologna
Fonte: L'Unità 07.09.2004