Da quando è entrata in vigore la legge 40 sulla procreazione
assistita, l’Istituto Valenciano de Infertilidad - uno dei più prestigiosi
della Spagna con varie sedi, le più importanti a Madrid, Barcellona,
Valencia e Siviglia - ha accolto diverse migliaia di coppie italiane in
cerca di un figlio. Stando alle informazioni raccolte da Claudia Livi,
Responsabile del centro Demetra di Firenze e Segretario dei Cecos Italia,
il numero sarebbe altissimo, quasi 5.000. «A costi che, visto l’afflusso,
stanno subendo ritocchi verso l’alto: la fecondazione in vitro con la
donazione di ovociti, vietata da noi, ora sfiora in questi centri gli
8.000 » precisa la ginecologa.
Una nuova globalizzazione Gli emigranti della
provetta italiani sono in buona compagnia: li seguono a ruota i tedeschi,
che devono fare i conti con una legislazione restrittiva quasi quanto la
nostra (con la differenza che in Germania sono ammessi sia la donazione di
sperma, sia il congelamento degli ootidi, il primo frutto dell’incontro
fra ovocita e spermatozoo, una sorta di pre-embrione). Ma i flussi
migratori in questo campo stanno diventando sempre più complessi. Nella
ricerca del bimbo "in braccio" l’incrocio fra Paesi dove prevale l’idea
che la procreazione assistita sia una cura dell’infertilità, come la
Danimarca, altri che la considerano una scelta personale, come gli Stati
Uniti, e altri ancora, come il nostro, che mettono in secondo piano la
sterilità rispetto ai diritti dell’embrione, sta alimentando un turismo
procreativo in costante crescita, con prezzi che lievitano nei centri più
qualificati e si abbassano in quelli emergenti, Grecia, Croazia, Albania,
Ucraina. Solleva il problema su uno degli ultimi numeri della rivista
medica New England Journal of Medicine l’economista Debora Spar,
professore alla Harvard Business School di Boston. Puntando il dito,
anzitutto, sull’assenza di una normativa federale negli Stati Uniti, che
ha dilatato in modo spasmodico la contrattazione privata.
Il paradosso californiano La vendita di
gameti, ovociti e spermatozoi, non è soggetta alla legge sui trapianti
(che proibisce il commercio degli organi) e, fuorché in Louisiana, è
ammessa in tutti gli Stati. In California, però, è diventata un business
rilevante e sempre più internazionale: nonostante il costo (arriva a
superare i 20.000 $) oggi, in un terzo dei casi, la cliente-ricevente non
è americana. Un mercato così aggressivo - le agenzie sono in grado di
offrire cataloghi dei donatori con foto, storia sanitaria, albero
genealogico e, non ultima, la possibilità di invitarli a cena - da indurre
la Società americana di Medicina Riproduttiva a definire ingiustificata e
"coercitiva" una tale lievitazione dei prezzi. La Gran Bretagna, che pure
ammette la donazione di sperma e di ovociti, non è una meta ambita per gli
stranieri perché nei centri privati ha comunque prezzi più alti rispetto
ad altri Paesi europei, come l’Olanda e il Belgio. Alla richiesta low-cost
rispondono adesso l’Albania, la Grecia, Malta, l’Ungheria; Paesi dove per
un’ovodonazione si spende la metà che in Spagna o in Belgio.
La diagnosi pre-impianto Un altro terreno -
sottolinea l’economista americana - dove il turismo procreativo è in
crescita è la diagnosi pre-impianto, la procedura che permette di
verificare, prima del trasferimento in utero, se l’embrione è portatore
della Sindrome di Down o di alcune gravi malattie ereditarie, come la
talassemia e la fibrosi cistica. Questo tipo di indagine, vietata in
Italia (ma anche in Germania, Svezia, Svizzera), è ammessa in Inghilterra,
in Spagna, in Francia, in Belgio, in Israele e negli Stati Uniti. «Negli
Stati Uniti ci sono i due centri più qualificati del mondo, a Chicago e a
Detroit - informa Francesco Fiorentino, biologo molecolare, Direttore del
laboratorio "Genoma" di Roma - ma i costi sono alti, circa 6.000 $. Stanno
comparendo così mete alternative, che nella maggioranza dei casi escludono
l’Inghilterra perché, nei centri privati, è altrettanto cara, circa 5.000
. Finora la meta più accessibile è stata il Belgio, dove il costo si
aggira sui 2000 . In Spagna, i centri sono capaci solo di individuare i
difetti cromosomici, come la sindrome di Down, e non le alterazioni
genetiche alla base delle malattie ereditarie. Molti italiani e europei
oggi hanno scoperto la Turchia. Conosco questa realtà da vicino perché da
tempo, sono consulente, a titolo gratuito, del Memorial Hospital di
Istanbul: il prezzo di una diagnosi pre-impianto è di 1000 . Stanno
emergendo anche nuove realtà: a Cipro, dove esiste un distaccamento del
centro di Chicago che ne applica, però, i prezzi: una struttura analoga è
nata a Kiev, in Ucraina, mentre un’altra sta decollando a Gedda, in Arabia
Saudita». Commenta Andrea Borini, Responsabile del Centro Tecnobios di
Bologna e Presidente dei Cecos Italia: «Le normative rigide creano
l’impossibilità di soddisfare certi bisogni e spingono verso la migrazione
sanitaria. E il mercato nel giro di poco tempo si diversifica in base al
censo: gli utenti poveri si rivolgono a Paesi che offrono trattamenti a
basso costo, chi ha disponibilità economica va dove c’è un’esperienza
consolidata. Una forbice destinata ad aumentare».
La normativa migliore Secondo John Robertson,
della Facoltà di Giurisprudenza dell’università del Texas che ha
pubblicato sulla rivista Human Reproduction un’analisi dettagliata della
normativa varata l’anno scorso in Italia, la scelta legislativa migliore è
quella inglese che ammette quasi tutto, compresi la donazione di sperma e
di ovociti e l’utero in affitto, ma al di fuori di qualsiasi compensazione
economica. E per i casi controversi è stata creata una Authority chiamata
a dirimerli. Non a caso, gli inglesi non emigrano in cerca di un
figlio.
Dopo un anno meno bambini più gemelli Dati
preoccupanti, ma sostanzialmente prevedibili quelli dell’indagine del "Il
Sole 24ore-Sanità" pubblicata poche settimane fa. In Italia, dall’entrata
in vigore della legge 40, le percentuali di successo della fecondazione
assistita si sono dimezzate (le gravidanze sono diminuite del 15%), mentre
sono calati complessivamente i cicli di trattamento; i 2.418 del 2003 in
dieci mesi sono scesi a 1746. Prova chiara di una fuga delle coppie verso
Paesi con legislazioni meno restrittive. I dati sono stati raccolti in sei
centri importanti per la fecondazione assistita nell’arco di dieci mesi:
dal marzo dell’anno scorso (quando è entrata in vigore la legge) a
dicembre; rappresentano, perciò, un campione abbastanza attendibile della
situazione. Oltre al calo delle gravidanze, l’indagine ha messo in risalto
una crescita degli aborti (dal 17,2 al 23,1%) e, dato significativo, un
aumento dei parti gemellari che passano dal 14,2 al 18,6%. Conseguenza,
quest’ultima, dell’obbligo di trasferire in utero tutti gli embrioni
ottenuti con la fecondazione in vitro.
da Corriere Salute del 13 marzo 2005
Franca Porciani