Un trapianto di cellule staminali ha salvato la vita al
piccolo Luca, appena 5 anni, affetto da una malattia genetica ereditaria molto
grave - la talassemia. L’annuncio, ieri a Milano (ma l’intervento è stato
eseguito a Pavia), fa discutere dal punto di vista scientifico: è una assoluta
novità per l’Italia. Ma riaccende anche il dibattito politico sulla libertà
di ricerca. Il ministro Sirchia, infatti, cavalca l’evento e ridadisce il suo
«no» allo studio delle staminali ricavate dagli embrioni umani, che però in
potenza sono quelle che potrebbero offrire le prospettive terapeutiche migliori.
Come spiega anche Carlo Flamigni, professore di ginecologia dell'Università di
Bologna: «Sirchia vuole imporre al paese una sua posizione personale, che non
è condivisa da tutto il mondo scientifico».
Lungimiranza Ma il ministro tira dritto: il trapianto dimostra
l'efficacia delle cellule staminali adulte e di quelle del cordone ombelicale.
Chi dice il contrario, che il massimo beneficio delle cellule staminali lo si
potrà ottenere da quelle embrionali, «si basa solo sull'ideologia, non sui
fatti». «Una volta che nell'animale hanno dimostrato quanto oggi non
conosciamo, solo allora a quel punto il dibattito potrà prendere una piega
diversa», chiude il ministro.
Paletti alla cieca «Secondo me non si può dire a priori quali
cellule siano le migliori - dice il genetista dell'Università di Tor Vergata
Giuseppe Novelli -. Bisogna invece guardare a 360 gradi e valutare di volta in
volta e per ogni diversa patologia, se sono più utili le cellule embrionali o
quelle adulte. Usare i risultati di una sperimentazione per porre dei paletti
alla ricerca non mi sembra il modo migliore di procedere».
Talebani della ricerca Sulla stessa lunghezza d'onda il radicale
Daniele Capezzone, per il quale l'intervento di Pavia «invita a riflettere: se,
con le attuali restrizioni si ottengono comunque “miracoli” come questi, che
cosa sarebbe possibile, in pochi anni, anche in Italia, se non fosse in vigore
la legge talebana che vieta l'uso delle cellule staminali embrionali?». «La
maggioranza degli studiosi - sottolinea Capezzone - è concorde nel dire che, se
le staminali adulte (e meno male) possono dare grandi risultati, quelle
embrionali (essendo, come dicono, totipotenti) potrebbero garantire esiti
addirittura straordinari».
Un nuovo approccio Il trapianto, condotto al Policlinico di Pavia San
Matteo lo scorso 12 agosto, è stato il primo in Italia a usare le staminali del
cordone ombelicale di due gemellini donatori (i fratelli appena nati di Luca).
Ed è stato il primo al mondo con il quale è stato usato un approccio che
permette di capire se le cellule «potenziate» in laboratorio di uno dei due
gemellini sono state altrettanto efficaci di quelle «naturali», nel dare al
piccolo Luca un sangue nuovo.
«La scelta di potenziare (o tecnicamente di espandere in vitro) le cellule
staminali di uno dei due gemelli, è stata presa perché erano meno ricche di
quelle dell'altro», spiega Franco Locatelli, che ha diretto l'èquipe nel corso
dell'intervento, «ma consente anche di dare nuove speranze a chi è già adulto
ed è colpito dalla malattia». In effetti, «per i pazienti adulti, o comunque
di peso superiore ai 50 chili, al momento non possono usufruire del trapianto
con staminali perché hanno bisogno di un numero di cellule di gran lunga
superiore a quello che si può avere dal cordone ombelicale e che invece ora si
può ottenere con l'espansione in vitro».
Nuova vita Il bambino ora è considerato «guarito»: il sangue del
piccolo conta circa 3.700 globuli bianchi, 33 mila piastrine e oltre 60 mila
reticolociti, i precursori dei globuli rossi, ma già dopo 16 giorni
dall'intervento, cioè una settimana prima rispetto ai tempi previsti, il suo
sangue conteneva cellule immunitarie sufficienti a proteggerlo da ogni rischio
infettivo. Figlio di due genitori portatori sani di talassemia, era costretto a
subire una trasfusione di sangue ogni 15-20 giorni e a indossare un apparecchio
elettronico che per 12 ore di seguito gli iniettava sottocute un farmaco
salvavita. La madre, lombarda di origine, voleva un altro figlio e quando è
rimasta incinta dei due gemelli ha fatto eseguire le analisi per scoprire se
erano talassemici.
Dopo quattro mesi, con i risultati delle analisi in mano che dimostravano che
erano perfettamente sani, si è rivolta al San Matteo, dove si è deciso per il
trapianto delle staminali del cordone ombelicale, in collaborazione con la Cell
Factory del Policlinico di Milano, dove le cellule sono state «potenziate».
«È stata una dimostrazione dell'efficacia della sanità pubblica e delle
capacità che hanno le strutture di eccellenza se adeguatamente finanziate di
portare a termini interventi avanzati», conclude Locatelli.