Ora e' possibile, per le coppie portatrici di
malattie genetiche in attesa di sottoporsi ad un ciclo di fecondazione
assistita, di evitare il rischio di avere figli malati. E questo senza
violare la legge 40 che proibisce la diagnosi preimpianto sugli embrioni.
Un gruppo di ricercatori romani del
Genoma Molecular Genetics
Laboratory, guidati da
Francesco Fiorentino e in collaborazione
con colleghi dell'Universita' La sapienza di Roma, sono infatti riusciti a
mettere a punto una tecnica di diagnosi genetica che, gia' prima del
concepimento, e' in grado di stabilire se un ovocita e' sano o se e'
portatore della stessa malattia dei suoi genitori. Di fatto questa tecnica
permetterebbe di selezionare e di utilizzare nei cicli di fecondazione
assistita solo quegli ovociti sani, prodotti dalla madre e di scartare
quelli malati. In questo modo gli embrioni creati nel corso di un ciclo di
fecondazione assistita sarebbero tutti sani e la mamma non rischierebbe
poi di far nascere un bambino malato, o di interrompere la gravidanza dopo
analisi prenatale. La tecnica, descritta in un articolo pubblicato sul
numero di gennaio della rivista 'Prenatal Diagnosis', prevede infatti
l'analisi genetica del cosiddetto 'globulo polare', una piccola cellula
speculare all'ovocita che pero' non ha alcun ruolo nei processi di
condazione. In questo modo i ricercatori sono stati in grado di aiustare
una giovane donna del Lazio portatrice di una grave malattia genetica
legata al cromosoma X denominata
Charcot Marie Tooth, di rimanere
incinta di una bambina sana. Ora la donna si trova alla dodicesima
settimana di gravidanza e la bambina sembra crescere senza problemi. Per
arrivare a questo risultato i ricercatori hanno sottoposto la signora
'Anna' (il nome e' di fantasia) ad un ciclo di terapia ormonale che le ha
permesso di produrre in tutto 15 ovuli di cui sette sani e sei malati,
mentre altri due non erano di diagnosi certa. Quindi i ricercatori hanno
scartato gli ovociti malati e hanno impiegato solo quelli sani per la
normale fecondazione artificiale. La nuova tecnica diagnostica di fatto e'
una vera e propria rivoluzione nel nostro paese. Dopo l'adozione della
legge 40 che ha escluso l'analisi preimpianto degli embrioni, le coppie, e
sono molte, portatrici sane di qualche malattia genetica -la piu' comune
in Italia e' l'anemia mediterranea- per essere sicuri di avere bambini
sani dovevano per forza andare all'estero ed effettuare un ciclo di
fecondazione assistita in paesi dove e' permessa l'analisi preimpianto
degli embrioni. "Ora invece si potra' evitare questo triste fenomeno di
turismo procreativo e anche in Italia queste persone potranno essere
aiutate".
La Diagnosi Genetica pre-concepimento (PCGD) non risolve
pero' tutti i problemi di diagnosi preimpianto sorti a seguito
dell'approvazione della legge 40.
"La PCGD puo' essere utilizzata solo
per quelle malattie originate da mutazioni genetiche della mamma. Ma non
puo' dirci nulla per quelle trasmesse dal papa' attraverso gli
spermatozoi. Pero' abbiamo fatto una valutazione sulle coppie che si sono
rivolte a noi in questi quattro anni e abbiamo stimato che almeno nel 95,8
per cento dei casi avremmo potuto benissimo usare questa tecnica di
diagnosi'. "Inoltre questa tecnica non puo' essere usata per selezionare
embrioni compatibili per un eventuale trapianto di cellule staminali del
cordone ombelicale nel caso di fratellini malati". Attualmente pero' i
ricercatori sono in grado di diagnosticare attraverso la PCGD almeno 30
diverse malattie genetiche tra cui la Corea di Huntington, la
beta-talassemia, la fibrosi cistica il retinoblastoma, l'X fragile e
l'emofilia A e B.