A
un passo letteralmente dall'Italia, però all'estero, la
Repubblica di San Marino si sta attrezzando per
praticare le tecniche di fecondazione in vitro con
diagnosi genetica preimpianto. I primi cicli partiranno
a ottobre. E la lista d'attesa è
lunghissima.
Si tratta di coppie con figli microcitemici che
intendono imboccare la strada del trapianto con la
certezza di concepire un figlio «compatibile» per
l’intervento. Si tratta di coppie portatrici di
patologie genetiche come la
beta-talassemia, la distrofia muscolare, la fibrosi
cistica, l’atrofia muscolare spinale. Si tratta
di coppie italiane, fertili, tagliate fuori dalla nuova
legge sulla fecondazione medicalmente assistita
approvata il 10 marzo scorso. Uomini e donne che non
saranno più costretti a costosissimi viaggi della
speranza negli Stati Uniti, in Belgio, in Spagna o in
Turchia. E che potranno scegliere Paesi più vicini:
anche Nova Gorica e Malta ci stanno pensando. Tra i
professionisti italiani contattati dalla clinica privata
sanmarinese per seguire i nuovi pazienti c’è il dottor
Francesco Fiorentino, 38 anni, direttore del centro
Genoma di Roma. Il biologo molecolare ha già eseguito in
Turchia la diagnosi preimpianto degli embrioni delle due
gemelline che hanno salvato il fratello Luca,
guarito a 5 anni dalla talassemia grazie al trapianto di
cellule staminali prelevate dal cordone ombelicale.
L’intervento, compiuto il 12 agosto a Pavia, aveva
suscitato polemiche e imbarazzi proprio perché reso
possibile dalla selezione degli embrioni, concepiti in
provetta all’estero. Fiorentino avverte: «È inutile che fingiamo di non saperlo.
La selezione degli embrioni prima dell’impianto è
l’unica via sicura per curare una terribile malattia ed
è un modo certo per non dover poi affrontare un doloroso
aborto, comunque permesso dalla legge».
Sottoporsi, a un passo dall’Italia, a un ciclo di
fecondazione in vitro, che dura dai 15 ai 18 giorni,
garantisce l’abbattimento dei costi. Prima che entrasse
in vigore la nuova legge, la diagnosi preimpianto
costava intorno ai mille euro mentre la fertilizzazione
in vitro variava dai 2.500 ai 3.500 euro. Chi dopo marzo
si è trovato costretto ad andare in Turchia ha dovuto
sborsare 5.000 euro soltanto per la fecondazione
assistita, e senza contare i farmaci e le spese di
viaggio e di permanenza. A Bruxelles la parcella sale a
diecimila euro, negli Usa raddoppia. «Noi non ne
facciamo un discorso di soldi - va avanti Fiorentino -,
a noi interessa dare un contributo alla ricerca. La
nostra gratificazione è vedere pubblicati i nostri studi
sulle riviste specializzate: delle gemelline concepite a
Istanbul ha scritto la Molecular Reproduction».
Il problema della ricerca, e dei forti limiti imposti
dalla legge numero 40 del 2004, è sentito da tutti
coloro che hanno a che fare ogni giorno con le malattie
genetiche. Lo conferma il professor Giovanni Monni,
primario di ginecologia al Microcitemico di Cagliari. In
una regione, la Sardegna, che ha l’infelice primato di
1.500 talassemici, il 20% dei malati italiani. Con un
cittadino su otto portatore sano della beta talassemia
(tra due coniugi portatori il rischio di avere un figlio
malato è del 25%). Monni sospira: «Abbiamo le mani
legate. Fino al 10 marzo avevamo fatto già 44 diagnosi
preimpianto: eravamo pronti per due o tre alla
settimana. Adesso continuiamo a eseguire la
villocentesi, ma senza più poter studiare la
compatibilità in vista di un trapianto. E tutto ciò perché adesso questa ricerca
è bollata come eugenetica. Malgrado l’Organizzazione
mondiale della sanità lo abbia detto chiaramente:
eugenetica significa selezionare caratteristiche come il
colore dei capelli o degli occhi. Non possiamo
neppure suggerire ai nostri pazienti di andare
all’estero. Rischiamo di essere radiati dall’albo».
14 settembre 2004 da: “Il Corriere
della Sera” Elvira Serra
Per un approfondimento vedi la
sezione: Donne
e fecondazione assistita
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