E' nato a
Roma il primo bambino concepito grazie alla tecnica della "diagnosi genetica
pre-concepimento". Con questa tecnica è stato possibile, per una coppia
portatrice di malattie genetiche, concepire un figlio senza ricorrere
alla selezione dell'embrione.
La diagnosi genetica pre-concepimento studia i gameti femminili prima della
loro fertilizzazione in vitro (cioè
durante l'ovulazione) mediante la procedura ICSI. La diagnosi genetica
viene, quindi, eseguita sull’ovocita e non sull’embrione. Cio’
consente di superare i problemi etici che hanno determinato il divieto della
diagnosi preimpianto.
Quest’ultima, infatti, comporta l’eliminazione degli
embrioni che, all’analisi genetica, vengono diagnosticati affetti dalla
specifica patologia genetica di cui la coppia è portatrice.
Con la diagnosi
pre-concepimento, invece, si escludono dalla fertilizzazione quegli oociti il
cui DNA risulta alterato alla diagnosi, e quindi si evita a priori la
possibilità di produrre embrioni con anomalie
genetiche.
Una recente legge (Legge 40/2004) disciplina,
in Italia, l’accesso e l’uso delle tecniche di PMA, imponendo severe restrizioni
per i pazienti e gli operatori del settore. La legge in questione limita
a 3 il numero di ovociti che possono essere fertilizzati durante
ciascun ciclo di IVF (in vitro fertilization fecondazione in vitro) ed obbliga
il trasferimento simultaneo in utero di tutti e tre i possibili embrioni. La
crioconservazione di zigoti ed embrioni e’ vietata, mentre quella degli ovociti
e’ permessa. Infine, l’accesso alle tecniche di PMA (procreazione
medicalmente assistita) e’ precluso alle coppie fertili, anche se a
rischio di trasmettere una malattia genetica alla prole.
La legge 40, inoltre, vieta qualsiasi forma di diagnosi genetica
sull’embrione; quindi in Italia non e‘ più possibile eseguire la
diagnosi preimpianto. Il testo legge non specifica la liceità o meno della
diagnosi preimpianto, quindi non nega la possibilità di operare la diagnosi in
sé, rimandando ogni posizione alle successive linee guida in materia di PMA
emanate dal Ministero della Salute (D.M. 21.7.2004), che poi, di fatto, hanno
proibito espressamente tale metodica affermando esplicitamente che, negli
embrioni, “è proibita ogni diagnosi preimpianto a finalità eugenetica”. Senza
quest’esplicito divieto, la PGD sarebbe stata applicabile, anche con il limite
massimo di fertilizzazione di tre ovociti.
Molte malattie, tutt'altro che rare, come la talassemia, la fibrosi
cistica , la distrofia muscolare di Duchenne-Becker, e altre malattie
genetiche che possono essere trasmesse, con un elevato grado di probabilità, da
genitori portatori sani al concepito, non potranno quindi più essere
diagnosticate con la diagnosi preimpianto.
Oggi, nel nostro Paese, le coppie portatrici di patologie
genetiche hanno le seguenti opzioni riproduttive:
• decidere di non avere figli;
• ricorrere
all’adozione di un bambino;
• il concepimento naturale, sottoponendosi
successivamente a diagnosi prenatale della malattia genetica mediante amniocentesi
o villocentesi,
affrontando quindi il rischio di aborto nel caso in cui venga individuato un
feto affetto dalla specifica malattia;
• non eseguire nessun tipo di diagnosi
ed avere comunque figli, anche se risulteranno affetti da una grave patologia
genetica;
• decidere
di recarsi all’estero per iniziare un ciclo di PGD;
• oppure, restare nel
proprio Paese e ricorrere alla cosiddetta diagnosi genetica pre-concepimento, che
mira a selezionare gli ovociti (e non gli embrioni) in cui sia assente
l’anomalia genetica materna. Cio’ è realizzato eseguendo l’analisi genetica
dell’ovocita, mediante biopsia del primo globulo polare (1PB), prima della sua
fertilizzazione.
La diagnosi genetica pre-concepimento, studia i gameti femminili
prima della loro fertilizzazione in vitro mediante la procedura ICSI.
La diagnosi genetica viene, quindi, eseguita sull’ovocita e non sull’embrione.
Cio’ consente di superare i problemi etici che hanno determinato il divieto
della diagnosi preimpianto. Quest’ultima, infatti, comporta l’eliminazione degli
embrioni che, all’analisi genetica, vengono diagnosticati affetti dalla
specifica patologia genetica di cui la coppia e’ portatrice. Con la diagnosi
pre-concepimento, invece, si escludono dalla fertilizzazione quegli oociti il
cui DNA risulta alterato alla diagnosi, e quindi si evita a priori la
possibilità di produrre embrioni con anomalie genetiche.
La diagnosi pre-concepimento e’ molto utile per quelle coppie portatrici
di una malattia genetica che non vogliono affrontare il rischio di
un’interruzione della gravidanza nel caso in cui, a seguito di diagnosi
prenatale, venga individuato un feto affetto dalla specifica malattia.
Molte di queste coppie, dopo l’approvazione della legge 40, si sono rivolte a
centri di PMA esteri, ubicati in Paesi con legislazioni meno restrittive,
ricorrendo al cosiddetto “turismo riproduttivo”. L’opzione di
un trattamento in Italia, mediante diagnosi genetica pre-concepimento, potrebbe
evitare a queste coppie notevoli disagi, dovuti soprattutto al fatto di essere
costretti a ricorrere ad un trattamento sanitario in un paese straniero, con
medici che parlano una lingua diversa, affrontando ingenti spese, sia correlate
al trattamento (costo della procedura, farmaci, visite mediche) che al viaggio e
alla permanenza in loco. La diagnosi pre-concepimento può, inoltre, dare una
speranza a molte coppie che non possono affrontare queste spese, a causa delle
limitate disponibilita’ economiche. Ciò sta creando un’iniquità di accesso alle
pratiche sanitarie, diritto sancito costituzionalmente. L’opzione della diagnosi
sull’ovocita fornirebbe alle coppie Italiane l’opportunità di ottenere un
accesso gratuito alle tecniche di PMA, i cui costi e quelli dei relativi farmaci
sarebbero a carico del Sistema Sanitario Nazionale.
A parte l’aspetto sociale, la diagnosi genetica pre-concepimento consente di
superare un sentito problemo etico, che e’ stato la causa principale del divieto
della diagnosi preimpianto: la manipolazione dell’embrione a fini
diagnostici. Utilizzando questa procedura, la diagnosi genetica viene
eseguita sull’ ovocita, e non sull’embrione. Infine, si auspica che i risultati
della nostra ricerca possano rappresentare un valido supporto alla
sensibilizzazione dei nostri legislatori, permettendo di aprire nuovamente la
discussione sull’argomento e rivedere le restrizioni imposte dalla legge 40
Maggiori info su: http://www.diagnosipreimpianto.info/index.asp