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Nato primo bimbo con diagnosi genetica pre-concepimento

Nato primo bimbo con diagnosi genetica pre-concepimento

7 novembre 2008

ricercatoreE' nato a Roma il primo bambino concepito grazie alla tecnica della "diagnosi genetica pre-concepimento". Con questa tecnica è stato possibile, per una coppia portatrice di malattie genetiche, concepire un figlio senza ricorrere alla selezione dell'embrione.

La diagnosi genetica pre-concepimento studia i gameti femminili prima della loro fertilizzazione in vitro (cioè durante l'ovulazione) mediante la procedura ICSI. La diagnosi genetica viene, quindi, eseguita sull’ovocita e non sull’embrione. Cio’ consente di superare i problemi etici che hanno determinato il divieto della diagnosi preimpianto.
Quest’ultima, infatti, comporta l’eliminazione degli embrioni che, all’analisi genetica, vengono diagnosticati affetti dalla specifica patologia genetica di cui la coppia è portatrice.
Con la diagnosi pre-concepimento, invece, si escludono dalla fertilizzazione quegli oociti il cui DNA risulta alterato alla diagnosi, e quindi si evita a priori la possibilità di produrre embrioni con anomalie genetiche.



Una recente legge (Legge 40/2004) disciplina, in Italia, l’accesso e l’uso delle tecniche di PMA, imponendo severe restrizioni per i pazienti e gli operatori del settore. La legge in questione limita a 3 il numero di ovociti che possono essere fertilizzati durante ciascun ciclo di IVF (in vitro fertilization fecondazione in vitro) ed obbliga il trasferimento simultaneo in utero di tutti e tre i possibili embrioni. La crioconservazione di zigoti ed embrioni e’ vietata, mentre quella degli ovociti e’ permessa. Infine, l’accesso alle tecniche di PMA (procreazione medicalmente assistita) e’ precluso alle coppie fertili, anche se a rischio di trasmettere una malattia genetica alla prole.

La legge 40, inoltre, vieta qualsiasi forma di diagnosi genetica sull’embrione; quindi in Italia non e‘ più possibile eseguire la diagnosi preimpianto. Il testo legge non specifica la liceità o meno della diagnosi preimpianto, quindi non nega la possibilità di operare la diagnosi in sé, rimandando ogni posizione alle successive linee guida in materia di PMA emanate dal Ministero della Salute (D.M. 21.7.2004), che poi, di fatto, hanno proibito espressamente tale metodica affermando esplicitamente che, negli embrioni, “è proibita ogni diagnosi preimpianto a finalità eugenetica”. Senza quest’esplicito divieto, la PGD sarebbe stata applicabile, anche con il limite massimo di fertilizzazione di tre ovociti.

Molte malattie, tutt'altro che rare, come la talassemia, la fibrosi cistica , la distrofia muscolare di Duchenne-Becker, e altre malattie genetiche che possono essere trasmesse, con un elevato grado di probabilità, da genitori portatori sani al concepito, non potranno quindi più essere diagnosticate con la diagnosi preimpianto.


Oggi, nel nostro Paese, le coppie portatrici di patologie genetiche hanno le seguenti opzioni riproduttive:

• decidere di non avere figli;
ricorrere all’adozione di un bambino;
• il concepimento naturale, sottoponendosi successivamente a diagnosi prenatale della malattia genetica mediante amniocentesi o villocentesi, affrontando quindi il rischio di aborto nel caso in cui venga individuato un feto affetto dalla specifica malattia;
• non eseguire nessun tipo di diagnosi ed avere comunque figli, anche se risulteranno affetti da una grave patologia genetica;
decidere di recarsi all’estero per iniziare un ciclo di PGD;
• oppure, restare nel proprio Paese e ricorrere alla cosiddetta diagnosi genetica pre-concepimento, che mira a selezionare gli ovociti (e non gli embrioni) in cui sia assente l’anomalia genetica materna. Cio’ è realizzato eseguendo l’analisi genetica dell’ovocita, mediante biopsia del primo globulo polare (1PB), prima della sua fertilizzazione.

La diagnosi genetica pre-concepimento, studia i gameti femminili prima della loro fertilizzazione in vitro mediante la procedura ICSI. La diagnosi genetica viene, quindi, eseguita sull’ovocita e non sull’embrione. Cio’ consente di superare i problemi etici che hanno determinato il divieto della diagnosi preimpianto. Quest’ultima, infatti, comporta l’eliminazione degli embrioni che, all’analisi genetica, vengono diagnosticati affetti dalla specifica patologia genetica di cui la coppia e’ portatrice. Con la diagnosi pre-concepimento, invece, si escludono dalla fertilizzazione quegli oociti il cui DNA risulta alterato alla diagnosi, e quindi si evita a priori la possibilità di produrre embrioni con anomalie genetiche.


La diagnosi pre-concepimento e’ molto utile per quelle coppie portatrici di una malattia genetica che non vogliono affrontare il rischio di un’interruzione della gravidanza nel caso in cui, a seguito di diagnosi prenatale, venga individuato un feto affetto dalla specifica malattia. Molte di queste coppie, dopo l’approvazione della legge 40, si sono rivolte a centri di PMA esteri, ubicati in Paesi con legislazioni meno restrittive, ricorrendo al cosiddetto “turismo riproduttivo”. L’opzione di un trattamento in Italia, mediante diagnosi genetica pre-concepimento, potrebbe evitare a queste coppie notevoli disagi, dovuti soprattutto al fatto di essere costretti a ricorrere ad un trattamento sanitario in un paese straniero, con medici che parlano una lingua diversa, affrontando ingenti spese, sia correlate al trattamento (costo della procedura, farmaci, visite mediche) che al viaggio e alla permanenza in loco. La diagnosi pre-concepimento può, inoltre, dare una speranza a molte coppie che non possono affrontare queste spese, a causa delle limitate disponibilita’ economiche. Ciò sta creando un’iniquità di accesso alle pratiche sanitarie, diritto sancito costituzionalmente. L’opzione della diagnosi sull’ovocita fornirebbe alle coppie Italiane l’opportunità di ottenere un accesso gratuito alle tecniche di PMA, i cui costi e quelli dei relativi farmaci sarebbero a carico del Sistema Sanitario Nazionale.

A parte l’aspetto sociale, la diagnosi genetica pre-concepimento consente di superare un sentito problemo etico, che e’ stato la causa principale del divieto della diagnosi preimpianto: la manipolazione dell’embrione a fini diagnostici. Utilizzando questa procedura, la diagnosi genetica viene eseguita sull’ ovocita, e non sull’embrione. Infine, si auspica che i risultati della nostra ricerca possano rappresentare un valido supporto alla sensibilizzazione dei nostri legislatori, permettendo di aprire nuovamente la discussione sull’argomento e rivedere le restrizioni imposte dalla legge 40

Maggiori info su: http://www.diagnosipreimpianto.info/index.asp


Fonte: pianeta mamma