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             Procreazione, prima gravidanza con 
            test genetici non sull'embrione
  ROMA (29 febbraio) - Prima gravidanza dopo 
            l'analisi genetica condotta sugli ovuli prima del concepimento 
            anziché sull' embrione, per evitare la trasmissione al feto di una 
            malattia ereditaria. La donna è al terzo mese di gravidanza e il 
            feto è sano, come ha confermato anche l'analisi dei villi coriali. 
            Il risultato è stato presentato oggi a Roma dal biologo Francesco 
            Fiorentino, direttore del laboratorio Genoma e dal direttore del 
            centro di procreazione assistita dell'European hospital, Ermanno 
            Greco. 
 «L'affidabilità della diagnosi preconcepimento è 
            analoga a quella della diagnosi preimpianto sugli embrioni» ha detto 
            Fiorentino nella conferenza stampa organizzata a Roma presso il 
            centro Genoma. E per Greco si tratta del «primo caso intelligente di 
            recupero di spazzatura biologica». L'analisi genetica 
            preconcepimento viene infatti condotta su una struttura chiamata 
            globulo polare: è il nucleo che viene prodotto quando avviene 
            l'ovulazione e che contiene in modo speculare il patrimonio genetico 
            della donna. È racchiuso tra il nucleo e la membrana dell' ovocita e 
            viene naturalmente espulso nel processo di maturazione. Analizzando 
            il patrimonio genetico racchiuso in questo nucleo-specchio, è 
            possibile, secondo Fiorentino, diagnosticare fino al 95% della 
            casistica raccolta dal suo centro in 10 anni di attività e che 
            considera abbastanza vasta da essere rappresentativa.
 
 La 
            donna che ha avuto la prima gravidanza dopo la diagnosi 
            preconcepimento è di Rieti ed è portatrice della malattia di 
            Charcot-Marie-Tooth. Questa è la sua seconda gravidanza: ha infatti 
            una bambina nata cinque anni fa in seguito alla diagnosi 
            preimpianto, eseguita sempre da Greco e Fiorentino. Dopo la legge 40 
            per avere una seconda gravidanza si è rivolta all'estero ma senza 
            successo.
 
 Il viaggio all'estero Proprio in Turchia 
            aveva tentato per due volte di avere una gravidanza, la donna che 
            adesso aspetta la sua seconda bambina. La prima figlia, che adesso 
            ha cinque anni, è nata sana in seguito alla diagnosi preimpianto 
            fatta in Italia nel 2003, prima della legge 40. Dopo le cose si sono 
            complicate: «ho provato una grande tristezza, non sapevo più dove 
            sbattere la testa». Quindi la
 decisione di andare a Istanbul: lì, 
            ha detto la donna, «ho visto che le donne col burka possono 
            scegliere e noi con minigonna e tacchi a spillo no. Non si tratta di 
            volere figli biondi e con gli occhi azzurri, ma di volere figli 
            sani».
 
 Le coppie in attesa Sono già 80 le coppie in 
            attesa di questa tipo di analisi. Con la nuova metodica si possono 
            evitare così i viaggi all'estero e diagnosticare tutte le malattie 
            genetiche e cromosomiche, ma solo quelle di trasmissione materna. Su 
            1000 casi, afferma il Fiorentino, il 95% delle coppie avrebbe potuto 
            evitare i test sugli embrioni. «Resta aperto - rilevano gli esperti 
            - il problema dell'accesso alla fecondazione assistita da parte 
            delle coppie portatrici di malattie ereditarie non infertili». 
            Adesso, ha aggiunto Greco, «speriamo che i politici siano in grado 
            di dare speranza anche al 5% delle coppie escluse da questa 
            tecnica».
 
 «Servono centri pubblici» Centri Il 
            prossimo passo, hanno detto Greco e Fiorentino, «è rendere questa 
            tecnica disponibile per le coppie che non possono rivolgersi ai 
            centri privati». Per Fiorentino «bisogna spingere affinchè i centri 
            pubblici possano permettere l'accesso a questa tecnica tramite il 
            Servizio sanitario nazionale». Da tempo, ha aggiunto Greco, 
            «chiediamo di certificare i centri perchè si dica chi può fare 
            cosa».
 
 
              
              
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                | commento inviato il 29-02-2008 alle 
                  18:29 da Maria Elena |  
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