DIAGNOSI GENETICA PRE-CONCEPIMENTO
PROCREAZIONE/ Quando l'etica stimola la creatività della scienza: un caso 
tutto italiano
Intervista a Assuntina Morresi
La notizia 
è fresca di ieri: è nato il primo bambino per fecondazione artificiale con 
diagnosi genetica pre-concepimento. Si tratta di un evento del tutto nuovo 
in campo scientifico, che promette di superare l'annoso problema della selezione 
degli embrioni "sani" da quelli "difettosi" contestata dal mondo cattolico e 
anche da parte di quello laico. Ma da un punto di vista bioetico, sebbene si 
saluti questo risultato come un vero progresso, permangono obiezioni sul metodo 
della fecondazione in vitro. Assuntina Morresi spiega questa vera e 
propria rivoluzione scientifica, gli aspetti positivi e i problemi che 
comporta.
Professoressa Morresi, che cos'è esattamente questa diagnosi 
genetica pre-concepimento?
Si tratta di una diagnosi che si conduce sul 
patrimonio genetico dell'ovocita, cioè del gamete femminile, per verificarne 
eventuali anomalìe genetiche. È importante perché questa tecnica, che si dice 
del "globulo polare", rende possibile un'analisi genetica dell'ovocita 
senza doverlo distruggere: un fatto importante, perché tale analisi viene svolta 
prima che l'ovocita sia fecondato.
Quindi malattie come la fibrosi cistica o 
la talassemia o comunque tutti quei problemi genetici che dipendono dal DNA 
materno, e che compongono la stragrande maggioranza delle anomalìe genetiche, 
possono essere identificate con una diagnosi prima del concepimento e evitando 
così la diagnosi preimpianto che invece comunemente si fa sugli embrioni. Su 
quest'ultima si sono infatti scatenate moltissime polemiche per il divieto, 
imposto dalla legge 40, di farla in Italia.
A questo proposito: come 
mai è stata definita "la via italiana alla diagnosi pre-impianto"?
È 
stata definita la "via italiana" perché in Italia, molto saggiamente, il 
legislatore ha deciso di tenere fermo il punto etico. Cioè di partire sempre 
dalla massima tutela per l'embrione. E si è visto, con l'applicazione della 
legge 40 in questi anni che, tenendo fermo il punto etico, e impedendo quindi la 
diagnosi pre-impianto sugli embrioni, la scienza ha poi trovato, con la 
creatività che le è propria, un altro modo di fare una diagnosi con gli stessi 
risultati finali. Il tutto senza selezioni di embrioni e uccisioni di quelli 
cosiddetti "difettati". Di per sé si tratta di una via che si poteva trovare 
soltanto escludendo la strada più semplice, ovvero la diagnosi 
pre-impianto.
È una scoperta che lei giudica quindi 
positivamente?
È sicuramente una scoperta positiva perché è una nuova 
possibilità di svolgere ricerche su malattie gravi di origine genetica senza 
distruggere embrioni umani.
Di questa tecnica si era già parlato diversi 
mesi fa: la novità di oggi è la sua "applicazione clinica" e cioè la nascita di 
una bambina da un ovocita selezionato con questa procedura.
Dal punto di 
vista della ricerca scientifica non ci sono problemi etici per nessuno, perché 
l'ovocita è una cellula e non un embrione e quindi su questo aspetto ritengo che 
si tratti di un importante passo avanti.
Dal punto di vista etico il 
risultato è buono nello stesso senso in cui è buona la legge 40, ossia come può 
essere buono un compromesso: questo tipo di diagnosi può essere 
effettuato solo in un percorso di fecondazione in vitro. È un'applicazione 
importante ed un risultato estremamente positivo, ma non applicabile in un 
concepimento naturale. Quest'ultima è una notazione personale, ma 
doverosa.
Qual è il principale motivo per cui la Chiesa è contraria 
alla fecondazione artificiale?
Per quello stesso espresso nell'enciclica 
Humanae Vitae, nella quale si afferma l'inscindibilità del significato 
unitivo da quello procreativo nel rapporto fra l'uomo e la donna: in quel caso 
si faceva riferimento alla contraccezione, con cui c'è un intervento esterno 
rispetto al rapporto uomo/donna che va ad alterare questa relazione separandone, 
appunto, il significato unitivo da quello procreativo. Con la fecondazione in 
vitro avviene la stessa separazione: potremmo riassumere che la contraccezione 
permette di avere rapporti carnali senza avere figli, mentre con le nuove 
tecniche di procreazione assistita avviene l'inverso, e cioè i figli si hanno 
senza rapporti carnali. La Chiesa per questo ha sempre rifiutato gli 
anticoncezionali e anche la fecondazione artificiale.
A suo avviso 
questa scoperta cambierà la legislazione?
No. Perché la nostra legge 
attualmente non consente la diagnosi preimpianto. Anzi, questa nuova tecnica non 
è altro che la conferma della bontà della scelta del legislatore, in riferimento 
alla legge 40, naturalmente, e cioè tenere fermo il punto etico. E la scienza 
adesso ha indicato un nuovo percorso, migliore, più rispettoso della vita umana, 
rispetto all'unico apparentemente esistente qualche anno fa  [IlSussidiario] 
Fonte: Sguardo Leale