Roma, 6 nov. (Apcom) - La sindrome Charcot-Marie-Tooth attacca il sistema 
neurologico. E' ereditaria, colpisce il sistema nervoso periferico. Deve il suo 
nome ai tre medici che per primi la descrissero. I manuali spiegano che è una 
malattia progressiva che può portare ad esiti completamente differenti: da 
insignificanti variazioni nelle capacità motorie all'atrofizzazione degli arti 
con una serie di effetti correlati, da difficoltà di deambulazione e dolori 
muscolari fino alla necessità permanente di sedia a rotelle. 
Questa è la realtà che ha voluto evitare la donna di 34 anni di Rieti che è 
diventata madre della prima bambina venuta al mondo grazie alla diagnosi 
pre-concepimento. "Sapevo di essere portatrice della malattia 
Charcot-Marie-Tooth. Mio fratello ne è affetto. So bene quanto sia difficile 
conviverci. Per questo quando ho pensato di avere un figlio ho sentito forte il 
desiderio che fosse sano. Non ho mai desiderato un figlio 'su misura', non ho 
mai chiesto un figlio con i capelli biondi e gli occhi azzurri. Ho solo voluto 
un figlio sano. Un desiderio comune a tutte le donne che diventano madri". 
La donna, sposata dal 1999, nel 2003 è diventata madre della sua prima 
figlia. "L'ho concepita in Italia, grazie alla diagnosi sull'embrione perché non 
c'era una legge che la impediva. E' nata una bambina, sana. Ed è stata una gioia 
immensa. Quando ho desiderato il secondo figlio mi sono trovata davanti al muro 
della Legge 40: la diagnosi sull'embrione non era più consentita e quindi con 
mio marito abbiamo deciso di rivolgerci all'estero. Siamo andati ad Istanbul 
dove mi sono stati trasferiti in utero due embrioni ma, purtroppo, pur essendosi 
impiantati la gravidanza non è andata avanti". 
Ma malgrado altri viaggi in Turchia c'è stata l'opportunità offerta da 
Francesco Fiorentino. "Non si può nemmeno capire la gioia che abbiamo provato. 
Penso che sia un passo in avanti enorme della Scienza. La mia è una malattia 
rara ma ci sono tante coppie affette da malattie molto più diffuse che potranno 
provare la gioia della maternità senza dover affrontare il dramma di un viaggio 
all'estero. Sono cattolica e ho sempre creduto nel valore della famiglia. Mio 
marito ed io siamo felicissimi". 
"Ma la più felice è la mia figlia grande, che ha cinque anni e mezzo. Il 
giorno che siamo usciti dalla clinica e abbiamo riportato a casa la piccolina è 
voluta entrare nella cappella della clinica e ha detto una preghiera. Ha 
ringraziato Dio, mi ha detto, per averle regalato una sorella. E soprattutto una 
sorella sana". 
Fonte: Virgilio Notizie