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Un figlio? Ora si va in Turchia

SUPPLEMENTO SALUTE

pag. 3 Editolriale

Un figlio? Ora si va in Turchia

di Guglielmo Pepe

Ragionare sulle "cose" italiane non ci fa dimenticare il dolore delle famiglie dell'Ossezia colpite dalla furia terroristica dei nemici dell'umanità (le immagini della carneficina, del massacro dei bambini - e non solo - di Beslan non svaniranno facilmente), e non cancella la tragedia quotidiana irachena. Tuttavia altri fatti "interni" s'impongono all'attenzione dell'opinione pubblica. Come quelli che ruotano intorno alla fecondazione assistita (e referendum connessi). La cronaca impone ulteriori riflessioni perché l'imprevedibilità della vita talvolta mette in discussione radicate certezze. Mi riferisco al trapianto di cellule staminali adulte (evento di grande risonanza) che ha permesso ad un bambino di guarire dalla talassemia, una grave malattia del sangue. Chi ne è affetto ha una carenza di emoglobina, vitale per l'ossigenazione dei tessuti. Senza cure adeguate (ripetute trasfusioni di sangue e infusioni), la persona malata è destinata a morire nei primi sei anni di vita. Da qui l'importanza, straordinaria, dell'intervento realizzato dal Policlinico San Matteo di Pavia con la collaborazione della Cell Factory del Policlinico di Milano.
L'operazione, unica al mondo, a parole è abbastanza semplice: dai cordoni ombelicali di due gemelli, sono state prelevate cellule staminali "adulte" (per modo dire, visto che provengono dal tessuto e dal sangue placentare), e poi trapiantate al fratello più grande (5 anni) dei gemelli. Questa parentela non è da sottovalutare perché l'affinità genetica ha facilitato il trapianto. Tralasciando altre considerazioni, l'eccezionalità dell'intervento è indiscutibile, perché apre le porte della speranza ad altre migliaia di malati di talassemia.
E' più discutibile invece quel che è accaduto intorno all'avvenimento. Perché al plauso si sono aggiunti commenti strumentali e incauti. Qualcuno (e non solo il ministro della Salute) ha preso spunto dall'operazione per sostenere che il trapianto delle cellule staminali adulte è l'unica e più efficace strada scientifica verso la scoperta di nuove cure. Questa tesi contiene la critica a chi propone di utilizzare per la ricerca anche le cellule embrionali. Com'è noto si tratta di un argomento delicato, sul quale si divide il mondo medico-scientifico e si scontrano cattolici e laici. Ma avere un'opinione non esime dal rispondere ad alcune basilari domande: se con le staminali adulte si ottengono risultati straordinari (come quello di Pavia), quali mete si raggiungeranno con la sperimentazione sugli embrioni, come ipotizzano illustri scienziati? E perché si chiudono le porte ad altre possibilità sperimentali? La storia dell'uomo non insegna che le vie della ricerca sono infinite?
Ma il trapianto di Pavia racchiudeva un fatto paradossale. Come ha raccontato il biologo che ha assistito i genitori del bimbo talassemico e dei suoi fratellini donatori, i gemelli non sarebbero nati senza la selezione degli embrioni. Infatti ne sono stati creati 12 in provetta. Scartati quelli malati, tre sono stati impiantati nell'utero della futura madre. E due hanno attecchito, portando alla nascita dei gemelli, nello scorso aprile. Tutto ciò è avvenuto in Italia? No, in Turchia. Da noi la recente legge sulla procreazione vieta la diagnosi preimpianto.
Dunque senza il viaggio a Istanbul, i gemelli non sarebbero nati, il trapianto cellulare al fratello maggiore non sarebbe avvenuto, la guarigione da una tremenda malattia diventerebbe impossibile. Chi ha usato l'intervento per magnificare le qualità delle norme sulla fecondazione ha preso un abbaglio. Allora chiedo: chi fa ideologia? Perché si esclude alla radice la possibilità di curare terribili malattie? Diciamo la verità: in Italia abbiamo una legge iniqua (come spieghiamo all'interno). Che va cambiata. Con uno, 10, 100 referendum se necessario.
g.pepe@repubblica.it

giovedi 16 Settembre 2004


Fonte: Repubblica 16 Settembre 2004