La ormai nota legge (Legge 40/2004) disciplina in Italia l’accesso e l’uso
delle tecniche di procreazione medicalmente assistita (PMA), imponendo severe
restrizioni per i pazienti e gli operatori del settore.
Per quanto riguarda
la Diagnosi Genetica Preimpianto (PGD), la legge 40 e soprattutto le successive
linee guida, vietano qualsiasi forma di diagnosi genetica sull’embrione; quindi
in Italia non e‘ più possibile eseguire tale procedura che consiste
nell’asportare dall’embrione, quando è ancora costituito da 7-8 cellule (al
terzo giorno dalla fecondazione), una cellula, con lo scopo di verificare che
l’embrione non sia affetto da gravi malattie genetiche. Questa tecnica ha
consentito a molte coppie (fertili e non) di avere figli sani, senza dover
rinunciare a priori alla gravidanza o ricorrendo all’aborto quando (a seguito di
amniocentesi o villocentesi) la coppia avesse scoperto che il feto aveva
ereditato la malattia genetica di cui i genitori erano portatori.
Molte
malattie, tutt'altro che rare, come la talassemia, la fibrosi cistica , la
distrofia muscolare di Duchenne-Becker, e altre malattie genetiche che possono
essere trasmesse, con un elevato grado di probabilità (dal 25% al 50%), da
genitori portatori sani al concepito, non sono più diagnosticabili con la
diagnosi preimpianto.
Al momento attuale le coppie portatrici di patologie
genetiche hanno una sola opzione riproduttiva, il concepimento naturale, (con
successiva diagnosi prenatale della malattia genetica mediante amniocentesi o
villocentesi, e quindi interruzione volontaria della gravidanza nel caso in cui
venga individuato un feto affetto dalla specifica malattia).
Oggi, grazie
agli studi eseguiti in Italia dal gruppo del Dott. Francesco Fiorentino di Roma,
si affaccia finalmente una nuova opportunità per tutte le coppie a rischio
genetico:
la cosiddetta diagnosi genetica pre-concepimento, nuova procedura
messa a punto Dal Dott. Francesco Fiorentino, e presentata al convegno
internazionale ESHRE (European Society of Human Reproducrion) che si è svolto in
questi giorni a Lione, che mira a selezionare gli ovociti (e non gli embrioni)
in cui sia assente l’anomalia genetica materna, in modo da produrre solo
embrioni sani. Cio’ è realizzato eseguendo l’analisi genetica dell’ovocita,
mediante biopsia del primo globulo polare (1PB), prima della sua fertilizzazione
effettuata mediante ICSI (Intra Cytoplasmic Sperm Injection). Cio’ consente di
superare i problemi etici che hanno determinato il divieto della diagnosi
preimpianto. Quest’ultima, infatti, comporta l’eliminazione degli embrioni che,
all’analisi genetica, risultano affetti dalla specifica patologia genetica di
cui la coppia e’ portatrice. Con la diagnosi pre-concepimento, invece, si
esclude a priori la possibilita’ di produrre embrioni con anomalie genetiche.
Infatti solo gli ovociti normali (senza la mutazione materna) saranno poi
fecondati con gli spermatozoi paterni mediante ICSI. In tal caso, gli embrioni
ottenuti potranno essere al massimo portatori della malattia (se lo spermatozoo
conteneva la mutazione paterna), ma non saranno mai affetti dalla malattia.
Nel protocollo di diagnosi genetica dell’ovocita mediante analisi del primo
globulo polare, i tempi da osservare sono strettissimi (al massimo 4 ore). Per
questo, l’applicazione della tecnica segue uno schema articolato che richiede
una stretta coordinazione tra due diverse equipe, i team del laboratorio di PMA
e del laboratorio di genetica molecolare.
L’attività’ di questi due gruppi di
professionisti consente di ottenere i risultati entro 4 ore dal prelievo degli
ovociti, procedendo quindi all’inseminazione degli ovociti che sono risultati
privi della mutazione materna
La diagnosi pre-concezionale puo’ essere
applicata a coppie portatrici di malattie monogeniche a trasmissione autosomica
recessiva, o legata al cromosoma X (X-linked) o a trasmissione autosomica
dominante di origine materna.
La diagnosi pre-concepimento e’ molto
utile per quelle coppie portatrici di una malattia genetica che non vogliono
affrontare una interruzione della gravidanza nel caso in cui, a seguito di
diagnosi prenatale, venga individuato un feto affetto dalla specifica malattia.
Tali coppie, dopo l’approvazione della legge 40, sono alla ricerca di centri
all’estero, siti in Paesi con legislazioni meno restrittive, dove ottenere una
gravidanza mediante diagnosi preimpianto, ricorrendo al cosiddetto “turismo
riproduttivo”.
L’opzione di un trattamento in Italia, mediante diagnosi
genetica pre-concepimento, potrebbe evitare a queste coppie notevoli disagi,
dovuti soprattutto al fatto di essere costretti a ricorrere ad un trattamento
sanitario in un paese straniero, con medici che non parlano la stessa lingua,
affrontando ingenti spese, sia correlate al trattamento (costo della procedura,
farmaci, visite mediche) che al viaggio e alla permanenza in loco. La diagnosi
pre-concepimento puo’, inoltre, dare una speranza a molte coppie che non possono
affrontare queste spese, a causa delle limitate disponibilita’ economiche. Cio’
sta creando una iniquità di accesso alle pratiche sanitarie, diritto sancito
costituzionalmente. L’opzione della diagnosi sull’ovocita fornirebbe alle coppie
Italiane l’opportunità di ottenere un accesso gratuito alle tecniche di PMA, i
cui costi e quelli dei relativi farmaci sarebbero a carico del Sistema Sanitario
Nazionale.
Con tutta probabilità, una volta rimosso il principale ostacolo
etico (cioe’ il test genetico sugli embrioni) che ha determinato una forte
contrapposizione tra le due opposte visioni della tutela dell’embrione, i
legislatori italiani riusciranno a pervenire ad un accordo condiviso che
permettera’ di rimuovere il divieto di accesso alle tecniche di PMA alle coppie
fertili, permettendo quindi il ricorso alla diagnosi genetica pre-concepimento
anche alle coppie a rischio di trasmettere una malattia genetica alla prole, e
non solo alle coppie che oltre ad essere a rischio genetico sono anche
infertili, come purtroppo spesso accade.
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